Manifesto Sociale: La vera rivoluzione è la stabilità.

Le società occidentali stanno crollando sotto il peso di una crisi profonda. Una crisi che non è solo economica, ma di valori, dovuta allo smarrimento della nostra identità. 

Un'identità religiosa, patriottica, familiare. I tre pilastri che per secoli hanno dato forma e forza alla nostra civiltà.

Abbiamo smarrito la fede, che dava senso e direzione morale. Una guida oggi assente per i giovani, lasciati soli, senza regole e senza obiettivi. 

Abbiamo smarrito l'amore per la patria. E sia chiaro: non parlo di fanatismo o nazionalismo cieco, ma di gratitudine per le radici, responsabilità verso il futuro e profondo senso civico. 

Abbiamo smarrito la centralità della famiglia, che era ed è la prima comunità, la prima scuola, il primo porto sicuro.

E cosa ci è stato offerto in cambio? Un individualismo aggressivo, che non libera ma isola, che non unisce ma disgrega. Una cultura del "tutto e subito", del "niente dura", del "se non ti piace, cambia". La dittatura del provvisorio.

Siamo stati educati a credere che l'identità fosse un peso, la tradizione un freno, i valori un residuo del passato. Ma intanto, mentre i legami si indebolivano, cresceva una nuova religione: il consumismo. Il meccanismo è perverso: per alimentare il consumo serve creare scontento. L'individuo senza identità è solo. Se è solo, è scontento. E se è scontento, acquista per colmare il vuoto, abbandonandosi al dio marketing.

Non cerchiamo più maestri, ma influencer. Non seguiamo più ideali, ma personaggi. Non ci affidiamo più alla saggezza, ma all'intrattenimento.

Questo smarrimento non è casuale. È il risultato di una stagione — quella del '68 — che ha scardinato tutto ciò che c'era prima senza proporre un vero dopo. Una stagione che ha aperto la strada a una globalizzazione sradicante e a spiritualità "fai-da-te", che isolano l'uomo anziché elevarlo. Ci siamo affidati a guru che hanno sostituito la profondità con l'apparenza, la responsabilità con il desiderio, il sacrificio con il piacere. Non danno un senso al dolore, ma insegnano a fuggirlo, alienando l'uomo dalla sua stessa natura. L'uomo occidentale ha viaggiato fuori da se stesso per capire, infine, che deve tornare a casa. Perché tutto ciò che cercava è sempre stato qui, nella sua cultura.

Se ci guardiamo intorno, è in atto una campagna mediatica e ideologica contro la stabilità. Parlare di Dio, Patria e Famiglia è diventato un tabù. Spesso sono le stesse famiglie, confuse, a non saper più trasmettere questi valori, lasciando spazio a cattivi maestri.

Ma oggi lo dico chiaramente: il vero atto di ribellione non è più distruggere, ma ricostruire. Non è più rompere legami, ma crearne di solidi. Non è vivere alla giornata, ma progettare il domani.

Oggi, per essere davvero controcorrente, bisogna opporsi alla cultura del provvisorio. Bisogna avere il coraggio di fare ciò che sembra rivoluzionario nell'epoca dell'usa e getta: costruire famiglie solide, durature, responsabili. Mettere radici anziché scappare. Assumersi impegni anziché evitarli. Volere stabilità in un mondo che idolatra il cambiamento continuo in nome della tecnologia. 

Dobbiamo riformare e rilanciare la scuola, l'educazione, la famiglia.

Abbiamo bisogno di politiche che incentivano e sostengano le famiglie, attraverso il lavoro.

Perché è proprio qui la verità: la vera trasgressione, oggi, è la stabilità. La vera ribellione è la fedeltà. La vera rivoluzione è la famiglia.

Ed è da qui che dobbiamo ripartire. Dalla fede, che dà speranza e rispetto delle regole. Dalla patria, che dà appartenenza culturale e sociale. Dalla famiglia, che dà radici e riferimenti.

Solo chi ha radici può crescere stabile. Solo chi ha identità può affrontare il futuro senza perdersi. Solo chi sa da dove viene può capire dove andare.

Noi ci rispecchiamo nei valori democratici, cristiani, occidentali ed europei. Siamo qui per questo. Non in nome di un estremismo urlato, ma con la forza pacata di un pensiero moderato e centrista. Siamo qui per ricostruire ciò che altri hanno voluto demolire. Per rimettere al centro la comunità, non l'ego.

Il futuro non appartiene agli attori che recitano una parte sui social. Il futuro appartiene a chi crede, a chi costruisce, a chi ama.

Donato Riccardi 3/12/2025

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